ETIMOLOGIA E STORIA

L'ETIMOLOGIA

Karate (pronuncia italianizzata in caratè) è un'arte marziale sviluppata in Giappone nelle Isole Ryukyu, (oggi Okinawa). Prevede sostanzialmente la difesa a mani nude (da qui il significato di Karate, mano vuota), senza l'ausilio di armi. Tuttavia la pratica del Kobudo di Okinawa che prevede l'ausilio delle armi tradizionali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama) è strettamente collegata alla pratica del Karate.

LA STORIA

Andiamo ora ad approfondire quelle che sono la storia e l'evoluzione del karate, anche se molto complesse, analizzandone gli step principali. L'analisi parte dalla storia dell'isola di Okinawa, che permette di comprendere come l'influenza cinese abbia formato quest'arte e come poi si sia sviluppata sotto la denominazione giapponese. L'arte marziale di Okinawa si è sviluppata come un'arte tenuta segreta, che per lungo tempo è stata il privilegio dei nobili prima di diffondersi ad altri strati della società, pur restando appannaggio di un numero ristretto di persone.

XV secolo - Il re di Ryu-kyu, dopo aver elevato al rango di nobili gli antichi capi locali, proibisce di portare armi.

XVII secolo - Dopo aver invaso il paese i signori giapponesi di Satsuma mantennero l'interdizione delle armi istituita dal re di Ryu-kyu un secolo e mezzo prima e giunsero a stabilire saldamente il loro dominio sull'isola. Ormai integrato nel regime feudale giapponese, il sistema gerarchico di Ryu-kyu diventò sempre più rigido. Venne stabilita una gerarchia interna che si diversificherà ancora in seguito: nobiltà in tre gradi, vassalli in due gradi, contadini in due gradi. Qui, l'arte del combattimento a mano nuda praticata dalla nobiltà sembrava più che altro il senso di una manifestazione simbolica del rango.

XVIII secolo - Tuttavia, nella seconda metà  del 1.700 e ancor più nel 1.800, i vassalli si impoverirono e per sopravvivere una parte di questi si orientò poco a poco verso l'artigianato o il commercio, e infine verso l'agricoltura. Si manifestò così una mobilità sociale tra la classe dei vassalli e quella dei contadini, malgrado la gerarchia complessa e rigida esistente a Ryu-kyu. Come testimonia la comparsa di termini come "mano dei vassalli", "mano degli artigiani", "mano dei contadini", avendo il termine "mano" (te) il significato di arte o di tecnica, si può pensare che tale mobilità l'arte dei nobili a poco a poco abbia penetrato gli altri strati sociali. In giapponese il termine bushi designava colui che apparteneva all'ordine dei guerrieri (samurai). A Okinawa invece, dove la struttura sociale era diversa, con il termine bushi (utilizzato inizialmente per il solo ordine dei Samurai) si indicava qualunque "adepto di te", indipendentemente dalla propria appartenenza di classe e questo portò ad un certo numero di errori nell'interpretazione dello status sociale degli adepti. Per esempio, quando il termine shizoku che in giapponese indicava l'ordine dei guerrieri, venne attribuito a maestri di karate come G. Funakoshi, A. Itosu, S.B. Matsumura ecc..., il senso doveva per forza essere  differente. In effetti, infatti, a Okinawa non esisteva un equivalente dell'ordine dei guerrieri giapponese e la cultura dell'ordine più alto, la nobiltà, era diversa e il termine shizoku, introdotto dopo il secolo XVII, designava l'ordine dei vassalli intermedi tra nobili e contadini. Indipendentemente dallo strato sociale, poco per volta si formarono delle vere e proprie reti di trasmissione esoterica dell'arte marziale; questo dipendeva da una parte dal fatto che, da lunga data, quest'arte marziale veniva praticata segretamente nella cerchia ristretta dei nobili, dove era concepita come il segno di un privilegio, e dall'altra dal fatto che la dominazione di Satsuma controllava l'armamento della popolazione.

Giorni nostri - Ai giorni nostri questa disciplina viene praticata da uomini e donne sia come arte marziale tradizionale sia in versione sportiva alleggerita nella sua componente marziale e finalizzata ai risultati competitivi tipici dell'agonismo.